Il Biscotto e l’Etica

Si è parlato tanto, in questi giorni, di tal dilemma. Due parole sull’argomento le vorrei esprimere, opinione mia e dunque criticabilissima.

L’Italia di Blengini subisce la prima sconfitta del suo percorso olimpico cedendo 3-1 alla rivelazione Canada in una gara per noi ininfluente ma estremamente importante per le altre parti in gioco: Brasile, Francia e lo stesso Canada. Al di là della partita, quello che mi preme analizzare è la gestione di questo tipo di match da parte di chi, come noi, non aveva più nulla da chiedere al girone eliminatorio e si trovava suo malgrado a fare l’ago della bilancia degli avversari. Con una vittoria da 3 punti del Canada, almeno una tra Brasile e Francia sarebbe stata eliminata e mandata a casa anzitempo dai giochi.

Blengini era in emergenza nel reparto centrali, Piano in tribuna (risentimento al polpaccio, qualcuno ci illumini sulle reali possibilità di recupero) e Birarelli ancora non del tutto ripresosi dalla distorsione alla caviglia patita martedì scorso con gli USA. Con il solo Buti disponibile Chicco ha dovuto improvvisare il suo compagno di reparto inserendo Antonov, che probabilmente al centro non ha mai giocato in vita sua. Basterebbe questo a spiegare i tre set a uno di questa notte, non è difficile immaginare come siano saltati di fatto tutti gli schemi di muro e la minima credibilità d’attacco veloce in tre rotazioni su sei. Mica poco. La faccenda si somma al fatto che i canadesi inseguivano una qualificazione storica e hanno giocato al massimo sfruttando il vuoto di muro lasciato dall’assenza di un giocatore di ruolo, vedi – logicamente – tante spinte in primo tempo e l’opposto Schmitt a fare un po’ ciò che voleva. Problemi dei centri a parte, Blengini ha lasciato a riposo il solo Zaytsev tra i titolari, dando un po’ di spazio a Vettori (top scorer dei nostri) e giocandosi Ivano a match in corso nel ruolo di schiacciatore al posto di Lanza fuori partita.
La fredda cronaca finisce qui, dell’aspetto tecnico della partita mi frega relativamente, quello che mi preme analizzare è se gli azzurri abbiano volutamente tirato il freno per non perdere l’occasione di tagliare una delle pretendenti al titolo. E’ stato biscotto?

Secondo me no. Blengini ha fatto un turnover centellinato  (anche perché, viste le assenze e con Antonov schierato fuori ruolo non c’era molto altro da fare), rischiare Birarelli sarebbe stata un’idiozia enorme, qualsiasi allenatore dotato di un neurone attivo lo avrebbe fatto e quindi scelta sacrosanta del Chicco nazionale. Sul discorso dell’impegno mi pare ci sia poco da dire, ci abbiamo provato con un sestetto zoppo e le pezze al culo ed è impensabile credere che una squadra già qualificata e sicura del primo posto abbia lo stesso fuoco negli occhi di una all’ultima spiaggia e alla conquista di un passaggio del turno clamoroso, viste le premesse. Tutto questo per dire che la sconfitta era da mettere in conto, se gli atleti favoriti in una qualsiasi sfida fossero capaci di vincere per la sola accensione di un pulsante potremmo anche dire ciao alla pallavolo e allo sport tutto. Ci si affronta in due e la differenza di motivazioni ha un suo discreto peso, al di là di quelle tecniche già sottolineate. Il problema del cosiddetto “biscotto” è essenzialmente etico, da questo punto di vista ne usciamo senza macchia e per me è sufficiente.

Guardandola da un altro punto di vista, ovvero quello della “parte lesa”, mi fa invece molto sorridere chi attribuisce la colpa dei propri fallimenti ai risultati degli altri. Se una squadra si trova a dover sperare in un regalo per passare il turno, il problema è quanto successo prima, ovvero arrivare appesi ad un filo e non essere più padroni del proprio destino. Atteggiamento petulante e piangina che mi fa solennemente incazzare, anche e soprattutto quando la parte lesa siamo noi, come successo in passato. E’ sempre il discorso del dito e della luna: non è che si viene eliminati perché si è perso, ma perché gli altri brutti e cattivi hanno fatto in modo che venissimo fatti fuori, uè uè (portate ciuccio e sonaglino). Se io vedo una partita palesemente non giocata come quella che il Brasile mise in scena sei anni fa ai mondiali ad Ancona contro la Bulgaria, non mi incazzo per le conseguenze: mi incazzo perché quello che sto vedendo va contro tutto ciò che mi è stato insegnato in termini di rispetto ed etica sportiva, se poi il match in questione condiziona anche il risultato della squadra per cui tifo, sono consapevole del fatto che il nostro successo andava costruito prima, levandoci da qualsiasi problema di calcolo indipendente dalla nostra volontà, l’eventualità esiste in qualsiasi torneo che preveda un girone eliminatorio e più affollato è il girone, più aumentano i rischi. Se sento uno come Giba, uno dei giocatori più grandi di sempre, piangere lacrime da telenovela e dire di vergognarsi per quello che ha fatto, gli rispondo che tesoro, la vita è fatta di scelte, si poteva tranquillamente evitare di vergognarsi giocando una Partita e non una commedia di bassa lega. Basta essere Uomini al minimo sindacale, caro il mio Gilberto.

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